Dalla terra della Maga Circeo e del Dio Giove
Dalla terra della Maga Circe e del Dio Giove
« E arrivammo all'isola Ea: vi abitava
Circe dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana »
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(Odissea, X, 135-6;)
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Il caldo brodoso e avvilente, se ne è andato lasciando il posto a un maestrale fresco e schiaffeggiante che mi fa danzare la stoffa leggera del lungo vestito, intorno alle gambe.
Lo sguardo rilassato abbraccia la terra della terribile maga Circe, capace di trasformare gli uomini in animali e del potente dio Giove. Da tempi immemorabili si osservano, posti l'una ad alfa e l'altro a omega di un golfo ampio e della pianura Pontina, verde e punteggiata di abitazioni.
La piana sembrerebbe nata così, ma in realtà è il risultato di una ingegnosa e imponente opera idraulica di bonifica della palude che fino all'inizio del secolo scorso occupava questi spazi.
Ripetutamente i Romani avevano tentato di ricavare terre fertili dalla palude, senza ottenere risultati apprezzabili.
La bonifica fu realizzata, seguendo un progetto del genio italiano Leonardo Da Vinci, durante il ventennio del regime fascista, da Benito Mussolini o dalla buonanima, come, lo ricordano ancora, alcuni, in segno di rispetto.
La terra scura, ricca e fertile, è suddivisa in redditizi poderi, occupati da file ordinate di ortaggi e serre da cui si intravedono variegate coltivazioni.La rete di strade o migliare, e di canali permettono i collegamenti e l'irrigazione.
Percorrendo le trafficatissime migliare al mattino e al tramonto, si incontrano, a frotte, sulle loro biciclette i lavoranti asiatici, impiegati nelle aziende agrarie.
Molta della frutta e verdura che ogni giorno arriva sulle nostre tavole proviene dall'Agro Pontino ed è coltivata e raccolta da mani straniere.
D'altra parte la storia della ricchezza di queste terre è storia di immigrazione.
Erano immigrati da tutta Italia gli operai che hanno reso possibile la bonifica e i coloni che sono stati disposti a trasferirsi in questi luoghi, ricevendo in cambio terreno, abitazione e animali.
Il lungomare a quell'ora della sera è affollato.
Molti tornano dalla spiaggia, alcuni fanno jogging e altri passeggiano godendosi la vista del mare increspato dal vento insistente e ficcante.
Il cielo è limpido e sgombro dalle nuvole della mattina.
Sulla linea dell'orizzonte, dove l'atmosfera incontra l'acqua, spuntano come denti aguzzi le isole di Zannone, Ponza e Palmarola.
Davanti a noi, a nord, il promontorio come un gigante addormentato, svetta in tutta la sua magnificenza, offuscato da una bruma leggera come il velo di una sposa.
Sulla spiaggia i bagnanti si godono l'ultimo raggio di sole.
Due innamorati sorridono, parlano, si baciano senza curarsi dei passanti.
Un gruppo di amici chiacchierano, complici.
Ragazzi e ragazze giocano a beach volley.
Nell'aria un odore di festa ferragostana, con una temperatura surreale, di fine settembre.
Qualche gabbiano rovista fra la sabbia alla ricerca di resti di cibo, contendendoseli con i piccioni.
In prossimità degli stabilimenti balneari, locandine pubblicitarie di menù succulenti, solleticano la gola a chi passeggia.
Il sole, indugia pigro dietro alle ville affacciate sul mare, senza decidersi a far posto alla luna.
Una di fianco all'altra si susseguono villette di un solo piano, a volte due, raramente tre.
Alcune hanno evidentemente rifatto il look per presentarsi fresche e accoglienti alla nuova stagione; altre sono rimaste tali e quali come donne un po' trascurate a cui non interessa farsi belle.
Attira la nostra attenzione la villa che era stata del giornalista sportivo Nando Martellini che grazie a un buon lavoro di restyling, è stata convertita in un residence elegante e costoso.
I ristoranti cominciano a riempirsi di clienti.
Le fronde degli alberi del lungomare, sistemati in fila indiana, danzano, mosse dal vento con i tronchi rigonfi di funghi a mensola, del tipo fomes fomentarius, alcuni freschi altri legnosi.
Una sorta di Diavolina naturale per chi voleva accendere il fuoco ai tempi della pietra focaia.
Nella bisaccia dello sfortunato Otzi, furono trovati resti di questo fungo insieme alla punta di selce per alimentare le braci che l'uomo si portava appresso, conservate all'interno di materiale vegetale. Aveva con sé tutto il necessario per accendere un fuoco con cui avrebbe potuto riscaldarsi, cuocere la carne o allontanare le fiere.
Intanto il sole ci ha salutato definitivamente e l'aria si è fatta ancora più frizzante.
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Altro articolo del mio Amore...semplicemente fantastico,avvincente...quasi fossi io proiettato nella descrizione...sei proprio Brava... aspetto con ansia il prossimo.
RispondiEliminaGrazie!Grazie!
RispondiEliminaContinua a seguirmi. Presto un altro post.
Bellissima descrizione: ti immerge nel paesaggio lo vivi in tutte le sue sfaccettature . Bravissima
RispondiEliminaGrazie per il commento.
EliminaSono luoghi che ispirano la scrittura.
Continui a seguire il blog.
A presto