Il fiume Nera
IL FIUME NERA
da piazza 13 giugno
Un
gabbiano vola sopra la mia testa, tagliando il fiume in tutta la sua larghezza,
in direzione dei palazzi appena più in là. Lo seguo con lo sguardo, ammirata ma non stupita di vedere un uccello del mare dentro la città. Chissà
dove avrà fatto il suo nido?
A
quest’ora del mattino i raggi del sole sono riflessi dalla balaustra d’acciaio
che delimita la piazza a forma di prua e anche dalle acque sottostanti che
scorrono verso la loro fine, diffondendo argentee striature nell’aria.
Alla
sua destra e alla sua sinistra le alte mura, opera delle mani dell’uomo, come
sentinelle affidabili, contengono le sue acque proteggendo argini e abitazioni.
Fra le fessure delle pietre, vicine come un puzzle, spuntano rigogliose e
tenaci piante di cappero.
La
piazza è deserta, ma non lo è il belvedere inferiore.
Un
pescatore aspetta paziente che all’amo della sua canna da pesca abbocchi
qualche cavedano, barbo o luccio, residenti di quelle acque verde bottiglia in
cui alberi e piante affondano le radici nella riva, tra il fiume e il muro.
I
tre pioppi neri con le loro foglie a
forma di cuore e i tronchi robusti svettano alti e possenti verso il cielo,
leggermente graffiato di bianco, quasi a volerlo bucare. Ombreggiano i carpini
bianchi gemelli
e le due querce dal doppio tronco, appena più in là. Per terra, fra i fili
d’erba le ghiande cadute dai rami aspettano la loro occasione per rendere
l’albero da cui sono cadute eterno.
Un
uomo, furtivo, si dirige verso un’apertura, proprio sotto la piazza.
Incuriosita, sbircio un po’. Delle bottiglie d’acqua, uno stendino con abiti
appesi ad asciugare più in là e sotto le assi di legno della prua, in una
rientranza nel muro, materassi lisi e malconci raccontano di un riparo di
fortuna e di una vita ai margini.
La
pelle del fiume si abbassa con gradualità verso il fondo, lasciando emergere
ciottoli levigati e coperti di muschio. Cornacchie volano sperando di
agguantare qualche pesce rimasto intrappolato fra i sassi.
Chiudo
gli occhi. Pian piano il suono del fiume che scorre prende il posto del rumore
delle auto. Lo sciabordio spumoso
dell’acqua, che sbatte contro ciò che resta dell’antico ponte romano, mi porta
indietro nei giorni in cui chi ci opprimeva, dominato dalla rabbia e dal
livore, ha distrutto molti tesori della città. Boati, distruzione, sangue,
fuga, liberazione, gioia, esultanza. Quelle pietre tutt’altro che mute,
raccontano a chi vuole ascoltare la nostra storia.
Il fiume continua a
scorrere sinuoso davanti a me, mentre i rami dei salici dondolano sulla pelle dell’acqua.
Editing di Dalia S.r.l.
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