Panpepato
PANPEPATO
Il
Panpepato è il dolce tipico di Natale a Terni. Sembrerà strano, ma ogni
famiglia ternana ha la sua ricetta. Ogni famiglia ha il suo Panpepato.
A
casa mia il rito del Panpepato cominciava qualche settimana prima della sua
effettiva realizzazione. Noci e nocciole le raccoglievamo dai nostri alberi, e
qualche volta l’uvetta era quella messa a seccare dalla vendemmia precedente.
Così come il mosto cotto era quello spillato dal torchio e fatto bollire per
ore, finché evaporata la maggior parte dell’acqua, non raggiungeva una
consistenza cremosa.
Mio
padre, seduto davanti al camino, ogni sera dedicava un po’ di tempo a rompere i
gusci della frutta secca e noi procedevamo alla “scapatura” necessaria, per dividere la parte inutile da quella
buona e golosa. La frutta era tostata in forno e messa a strati dentro un
pentolone d’acciaio. I pinoli, visto il costo elevato, non sempre trovavano
posto dentro il nostro dolce. Le bucce della frutta secca, erano recuperate e
messe da parte per accendere il camino.
Di
seguito toccava al cedro, di essere spezzettato e distribuito sopra alla frutta
secca. L’uvetta faceva un bel bagno dentro all’acqua calda, così da rinvenire. Questo termine, che si trova
spesso nelle ricette, mi fa un po’ sorridere, usato per un ingrediente. Per me
si fa rinvenire una persona svenuta, non l’uvetta o similari. Vabbè, comunque,
facciamo rinvenire st’uvetta in
acqua, così è più morbida.
Poi
era il momento del cioccolato fondente. A casa mia era rigorosamente tagliato a
scaglie con un coltello, non fuso a bagnomaria, come invece altre ricette
prevedono e rigorosamente umbro, quello del capoluogo di regione, per
intenderci. Quanto cioccolato? Le mani di mia madre, per preparare questo
dolce, non seguivano una ricetta, ma le indicazioni degli occhi, quindi, come si
dice, faceva a occhio. L’unica regola
era che il cioccolato fondente doveva essere tanto e soprattutto il peso doveva
essere equivalente a quello delle noci. Altrimenti i panpepati sarebbero stati
secchi e non morbidi, come invece, piacevano a noi. Per intenderci quando il
coltello affondava la lama nel panetto cotto, questo doveva sporcarsi di
cioccolato. Seguiva una bella spolverata di cacao amaro.
Quella
pentola di acciaio ogni giorno si riempiva sempre di più, diventando uno
scrigno goloso cui attingevo, non vista, più volte.
A
questo punto tutto era pronto per la preparazione. Il miele millefiori, mamma
lo metteva a scaldare vicino al fuoco, per renderlo liquido e poi lo
distribuiva sopra agli ingredienti. A seguire il mosto cotto, il caffè caldo, i
liquori (cognac, mistrà), il pepe (non molto), la noce moscata e la cannella.
Per questa fase del procedimento era necessario travasare tutto dentro ad una
bagnarola molto larga, poiché generalmente ne preparava circa sessanta.
Il
cioccolato fondente, a contatto con il miele e il caffè caldi, in parte si
scioglieva, fino ad amalgamarsi a tutti gli altri ingredienti. Una volta cotto
il panetto, i pezzetti tornavano a solidificarsi nella loro forma originale. Le
spezie, scaldate pure quelle, dall’incontro con gli ingredienti caldi, emanavano
effluvi inebrianti per le narici. L’impasto cominciava a colorarsi di un
marrone intenso e caldo.
In
principio si mescolava con i mestoli, poi quando era unita un po’ per volta,
anche la farina era necessario procedere direttamente con le mani. Questa era
la fase in cui subentrava mio padre, che rigirava e mescolava tutto fin quando
gli ingredienti risultavano legati tra loro e, il cioccolato aveva assorbito
completamente la farina. Non vi dico le parole di spregio di mia madre quando
aprendo qualche panpepato arrivato in dono, all’interno invece che vedersi il
marrone, si vedeva il bianco della farina. Segno che si era risparmiato sull’ingrediente
principale e costoso a favore della farina, più economica.
Una
volta cotti, spesso nel forno a legna, questi erano disposti sulla spianatora per farli raffreddare. A quel
punto, come se non fosse sufficiente l’apporto calorico degli ingredienti che
componevano il dolce, per finire uno squaglio di miele veniva fatto colare
sulla sommità dei panetti.
Il
dolce, dall’8 di dicembre accompagnava tutte le feste, lo regalavamo e ne rimanevano
alcuni panetti fino alla Pasqua successiva.
Qual
è la ricetta migliore? Qual è il panpepato più buono? Tutte le ricette e tutti
i panpepati sono buoni, se riaccendono in noi caldi ricordi, se soddisfano il
palato e se le emozioni che suscitano fanno lucidare un po’ gli occhi.
Ingredienti:
-
750 gr di noci
-
100 gr di pinoli
-
200 gr di nocciole
-
200 gr di mandorle
-
200 gr di uva sultanina
-
150 gr di cedro candito
-
300 gr di miele millefiori
-
500 gr di cioccolato fondente (meglio 750 gr) *
-
300 gr di farina
-
2 cucchiai di cacao amaro
-
4/5 cucchiai di zucchero
-
2 tazzine di caffè
-
1 bicchierino di mistrà
-
i bicchiere di mosto cotto
-
pepe nero macinato a piacere**
-
noce moscata grattugiata a piacere**
-
cannella a piacere**
-
buccia di metà arancio e metà mandarino a pezzetti (soltanto la parte colorata
e non il bianco, che renderebbe amaro il dolce).
*
In questo caso, ho trasgredito alla regola tante
noci, tanto cioccolato, e il risultato finale ne ha risentito un po’ sulla
morbidezza. Come dice il proverbio ”Chi
lascia la strada vecchia per quella nova, sa cosa lascia, ma non cosa trova.”
**
La quantità delle spezie dipende dai gusti. Bisogna fare attenzione soprattutto
con il pepe, aggiungendone poco alla volta fino ad arrivare al giusto grado di
"pizzicore": da crudo il panpepato deve "pizzicare"
abbastanza, una volta cotto il pepe si sentirà meno. Anche la noce moscata e la
cannella vanno aggiunte gradualmente, fino a quando gli aromi formeranno una
sinfonia equilibrata di sapori.
Procedimento:
Tostare
in forno le noci, le mandorle e le
nocciole, separatamente per circa quindici minuti in forno statico a 150°. Metterle intere
dentro ad una ciotola. Aggiungere il cedro candito e l’uvetta, precedentemente ammollata in acqua
tiepida e poi strizzata. Successivamente il cioccolato fondente,
precedentemente sminuzzato con il coltello e il cacao in polvere. Mescolare gli
ingredienti e aggiungere gli elementi leganti e le spezie: il miele millefiori scaldato
a bagnomaria, il mosto cotto, il caffè caldo, il mistrà, il pepe, la cannella,
la noce moscata e la buccia a pezzetti del mandarino e dell’arancio.Mescolare il tutto per amalgamare bene gli ingredienti.
Assaggiare
per verificare la necessità o meno di aggiungere altre spezie. Una volta
raggiunta l’armonia dei sapori aggiungere la farina, un po’ per volta e
amalgamare. Effettuare la prova della consistenza. Prendendo un po’ d’impasto
in mano, se questo rimane coeso, senza perdere parti, è pronto. Dividere
l’impasto in panetti della grandezza desiderata e adagiarli su una placca da
forno rivestita di carta forno e mettere a cuocere a 180° per 15 minuti circa.
Tolti
dal forno, disporli a freddare sulla spianatoia. Il giorno dopo sono pronti per
essere incartati.
Buon
Natale!
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