Gli ultimi… non saranno mai primi
Gli
ultimi… non saranno mai primi 1
Passeggiando lungo il fiume Nera ho avuto occasione di osservare, lo stato di abbandono e incuria in cui le sponde del corso d'acqua sono lasciate, diventando anche rifugio approssimato per molti disperati.
Questa realtà ha ispirato un racconto poliziesco, per evidenziare fatti non noti a molti, come non lo era per me.
Il fiume ha dato i natali e il nome alla città di Terni, nata tra due corsi d'acqua: il Nera e il Serra. Il nucleo originale dell'insediamento urbano ha preso il nome di Interamna Nahrs. Interamna significa appunto tra due fiumi. Nahars è stato aggiunto per distinguerla da altre città sorte fra due fiumi e probabilmente indica lo zolfo, elemento che rendeva bianche le acque del Nera.
Oggi, il Nera è settimo fiume in Italia per portata d'acqua e affluente importantissimo del fiume Tevere perché contribuisce ai due terzi alla sua portata.
Il fiume ha dato i natali e il nome alla città di Terni, nata tra due corsi d'acqua: il Nera e il Serra. Il nucleo originale dell'insediamento urbano ha preso il nome di Interamna Nahrs. Interamna significa appunto tra due fiumi. Nahars è stato aggiunto per distinguerla da altre città sorte fra due fiumi e probabilmente indica lo zolfo, elemento che rendeva bianche le acque del Nera.
Oggi, il Nera è settimo fiume in Italia per portata d'acqua e affluente importantissimo del fiume Tevere perché contribuisce ai due terzi alla sua portata.
La storia si svolge a
Terni, città di provincia a sud dell’Umbria che da anni, vive una profonda
crisi economica, oltre che identitaria: da città industriale, a causa della
crisi della fabbrica, sta cercando di ricostruire una nuova economia. Molti giovani
vanno via per trovare un lavoro e stranieri arrivano per costruire un futuro.
Proprio la presenza di stranieri, alcuni senza fissa dimora e occupazione
stabile, diffonde tra i ternani la
sensazione di paura e
straniamento.
I fatti e i personaggi del racconto sono frutto di pura invenzione.
Era il ventinove di dicembre. La
coltre grigia aveva sostato per tutto il giorno sulla città, vomitando
millilitri d’acqua. Finalmente, verso le cinque del pomeriggio, spiovve e Perla
decise di andare a casa. In sella della sua Harley-Davidson, svirgolò fra il
traffico impazzito, in direzione Borgo Rivo, stando attenta a non scivolare sul
manto stradale a tratti screpolato, in alcuni punti gibboso a causa delle
radici dei pini domestici e comunque bagnato e scivoloso come la pelle di
un’anguilla. Perla odiava le feste comandate: detestava i suoi concittadini,
che affannosamente erano impegnati in acquisti di cibo, o alla ricerca dell’ultimo
regalo; odiava gli auguri, la confusione, i botti che prosciugavano il
portafoglio e spesso portavano danni, il mostrare una gentilezza che per il
resto dell’anno bisognava andare a cercare a Chi la Visto? Perla avrebbe voluto addormentarsi e svegliarsi il
due di gennaio.
Appena rientrata a casa, la voce di Loreena Macknett
che cantava All
soul night emerse dallo zaino. Era la suoneria del suo cellulare.
Era Manzi, il suo agente, che l’avvisava del
ritrovamento di un cadavere, lungo il fiume Nera.
“Che rottura, sono appena arrivata a casa!”
Quando giunsero sul luogo del
ritrovamento, lo trovarono illuminato a
giorno dai mezzi dei vigili del fuoco che avevano appena finito di recuperare
il corpo. Stelvio Spada era già lì, così come la scientifica e anche la
giornalista di “Terni Ok”, Ambra Ceccarelli, oltre a molti curiosi, che Manzi
fece allontanare: “Circolare, circolare… Non c’è nulla da vedere.”
Il cadavere era stato appoggiato sul piazzale di
cemento dell’approdo Torquato Secci. Era un giovane uomo, di nazionalità
indiana. Indossava abiti modesti e male assortiti nei colori. Il volto gonfio e
tumefatto. Il cranio sfondato sul lato anteriore destro.
“Stelvio, che mi dici?” chiese Perla
all’anatomopatologo.
Lui la guardò. Nonostante, il viso di Perla,
apparisse stanco, gli occhi verdi incrociarono determinati i suoi. Avrebbe
voluto dimenticare il contesto e affondare le sue mani fra quella massa di
ricci rossi, stringere a sé il suo corpo e accarezzare la pelle diafana e
morbida.
Fu solo un attimo. Perla lo costrinse a tornare al qui e ora. “Allora? Ti sei
incantato?”
“È un uomo, tra i trenta e i trentacinque anni, di nazionalità
indiana. Ha l’osso sfenoidale e frontale sfondato.
Probabilmente la morte risale a ieri sera. Per i particolari devi aspettare.”
“Ok. Rimango in attesa di tue notizie. Chi l’ha
trovato?”
“Quei ragazzi, mentre erano a fare parkour.”
E indicò un gruppetto di adolescenti, addossati al muro di contenimento.
E indicò un gruppetto di adolescenti, addossati al muro di contenimento.
Perla ci andò a parlare.
“Lo avete trovato voi, mi hanno detto.”
“Sì” rispose uno dei tre “stavamo qui a esercitacce, e a quell’ora non c’era nessuno. Stava
facendo buio, per cui non eravamo sicuri. Ci siamo dovuti avvicinare. La
schiena emergeva dal pelo dell’acqua, ma il resto del corpo era bloccato dai rami.”
“Avete visto qualcosa di strano? Anche il più
piccolo particolare ci può aiutare.”
“Non c’era nessuno. Non mi viene in mente nulla."
"Regà a voi?” chiese rivolgendosi ai suoi amici.
"Regà a voi?” chiese rivolgendosi ai suoi amici.
“No, no… niente” fecero quelli.
“D’accordo, lasciate le vostre generalità all’agente
Manzi, semmai dovessimo avere ancora bisogno di voi.”
Perla, cercò di evitare la Ceccarelli, senza
riuscirci.
“Allora Perla, cosa si sa?”
“Facci lavorare, poi ti diremo…”
“Allora, dimme
‘n po’ Mattè…”
Perla riesaminò tutte le informazioni, con Manzi,
mentre erano seduti da Ettore.
“Sicuramente è stato ucciso. Straniero e senza
documenti con sé. Potrebbe essere clandestino. Dobbiamo controllare lo
schedario.”
“Domani mattina. Sentiamo anche i pescatori che
frequentano la zona. Forse lo conoscono. Se come ipotizza Spada, è morto ieri
sera, questo spiegherebbe perché mentre la corrente l’ha trascinato via,
nessuno si sia accorto della sua presenza in acqua. Droga? Prostituzione?
Regolamento di conti?” disse Perla pensando a voce alta.
“Droga o prostituzione, non credo. Non sarebbe così
malmesso. Regolamento di conti? Forse."
rispose dubbioso Manzi.
rispose dubbioso Manzi.
“Vabbè, dormiamoci su.”
La mattina dopo “Terni Ok” riportava la notizia del
ritrovamento del cadavere:
“… la Polizia
brancola nel buio. E intanto gli assassini sono in libertà…”
“Fottiti, stronza!” dal tono dell’articolo, Perla
capì che la giornalista Ambra Ceccarelli non aveva ancora metabolizzato di non
essere riuscita a portarsela a letto.
“Perla, ti confermo che il decesso è avvenuto la sera del ventotto dicembre, tra le otto e le dieci. Ha ricevuto più colpi con un corpo contundente arrotondato. Era morto quando è stato gettato in acqua, perché i polmoni sono vuoti. Aveva mangiato poco, ma in compenso bevuto molto. Chi l’ha colpito era davanti a lui ed è mancino.” Stelvio Spada, come promesso, aggiornava Perla.
“Mancino?”
“Sì, i colpi sono sul lato destro del cranio. Solo
un mancino poteva colpirlo con quella precisione e quella forza.”
“Bene. È già qualcosa… grazie.”
“Perla?”
“Sì?”
“Che fai a Capodanno?”
“Dormo. Ciao Stelvio.”
Aveva riattaccato. Anche stavolta era andata buca.
Dallo
schedario della questura, risultò che il ragazzo fosse un clandestino, fermato
varie volte per piccoli furti. Il suo nome era Bharat Malik ed
era nato a Nuova Delhi trentadue anni prima.
La città non portava più traccia
del diluvio del giorno precedente. Il cielo era azzurro e i raggi del sole erano
riflessi dalla balaustra d’acciaio che delimitava la piazza a forma di prua e
anche dalle acque sottostanti che scorrevano verso la loro fine, diffondendo
argentee striature nell’aria. La piazza era deserta, ma non il belvedere
inferiore.
Un gabbiano volò sopra le loro
teste, tagliando il fiume in tutta la sua larghezza, in direzione dei palazzi
appena più in là. Perla lo seguì con lo sguardo, ammirata ma non stupita di
vedere un uccello del mare dentro la città. Si chiese dove avesse fatto il suo
nido e per un attimo desiderò avere la sua stessa leggerezza.
Un pescatore aspettava paziente che all’amo della
sua canna da pesca abboccasse qualche cavedano.
Manzi, gli si avvicinò mostrando la foto del ragazzo.
“Polizia. Vorremmo farle qualche domanda. Lo
conosce?”
“Quel piantagrane accattone sta qui intorno. Vede
quei materassi addosso alla parete? Dorme lì, ma è qualche giorno che non lo
vedo. Che jè successo? Sembra ridotto
male.”
“È morto. Ha notato
qualcosa di strano?”
“L’altro giorno discuteva con Duccio. Sta là dentro.”
rispose indicando un’apertura proprio sotto il ponte.
Mentre i due parlavano, Perla aveva notato la mano
fasciata del pescatore.
“Cosa ha fatto alla mano?”
“Sono scivolato sulle scale di casa qualche giorno
fa e mi sono slogato il polso.”
“Lei non ci ha mai discusso con il morto?”
“Dava fastidio a tutti.”
“Lasci le sue generalità all’agente Manzi.”
“Ma io non ho fatto nulla. Perché mi mettete in
mezzo?” replicò preoccupato il pescatore.
Commenti
Posta un commento